sabato 2 agosto 2008

In Kenya, alla ricerca di babbuini (2)


Mentre sono sul trattore finalmente la scorgo. L’isola di Chale è lì davanti a me, circondata dalla barriera corallina e per buona parte ricoperta da una fitta vegetazione. Un terzo dell’isola è occupato da una struttura turistica di alto livello ma sono i due terzi lasciati alla foresta che esercitano il loro fascino incontaminato. Una volta sull’isola cerco Giorgia, la biologa marino che ci lavora ormai da qualche mese. La trovo sulla spiaggia intenta ad affrontare una conversazione incentrata sulle tartarughe. “Aspettavamo la schiusa delle uova per la notte scorsa ma le tartarughe hanno deciso di farci aspettare” mi spiega Giorgia. Il problema riguarda il come comportarsi una volta che i piccoli di tartaruga usciranno dalla sabbia. Secondo alcuni turisti le tartarughe vanno messe in un secchio e portate fino al mare. Giorgia è invece categorica e sostiene che quei metri che separano le tartarughine dal mare sono fondamentali: “se li ricorderanno in futuro per tornare a deporre le uova nel posto in cui sono nate”. Il problema è che quel tratto di spiaggia che dal loro sicuro nascondiglio sotto la sabbia conduce fino al mare è lungo e pieno di pericoli con due chele. I granchi aspettano infatti lo schiudersi delle uova per afferrare i piccoli, portarseli nella loro tana e farsi un gustoso banchetto. Che fare? È la dura legge della selezione naturale sostiene Giorgia. È una cosa immorale sostengono i turisti.


Mentre la conversazione perde di intensità la marea continua ad abbassarsi chiedo a Giorgia dove posso trovare i babbuini. Risponde che sono passati di lì tre giorni fa, un gruppo numerosissimo che probabilmente aveva approfittato della bassa marea per arrivare sull’isola. “Se sono ancora sull’isola sono nella foresta”. Le chiedo di accompagnarmi, ma vuole approfittare della bassa marea per fare una passeggiata ed avvicinarsi alla barriera corallina oceanica. Un po’ perché l’idea di poter camminare in mezzo al mare è veramente affascinante un po’ perché le gambe abbronzate di Giorgia riescono a far passare per un istante in secondo piano i babbuini, mi faccio convincere e l’accompagno. Incontriamo così un numero incredibile di organismi marini. Chi l’avrebbe mai detto che ci sono così tante specie che si possono osservare con la bassa marea? Rimango colpito in particolare dal granchio violinista, chiamato così perché ha una chela molto più sviluppata dell’altra. “A cosa gli serve?” chiedo incuriosito “A niente” risponde Giorgia. Non capisco. Giorgia mi spiega che è un carattere sessuale secondario, che aumenta le chances di accoppiamento del maschio. Continuo a non capire ma osservo il granchio con un’ammirazione ancora più autentica.


Poi, un po’ perché sento la marea che si sta piano piano alzando, un po’ perché mi ricordo cosa sono venuto a fare qui a Chale lascio Giorgia alla ricerca di chissà quale nuovo organismo marino e mi dirigo vero la foresta. Mi dico che non sarà difficile trovare i babbuini visto che sono venuto fin qui proprio perché ce ne sono troppi e mi immergo nella foresta, cercando comunque di tenermi vicino alla costa. Sono passati appena dieci minuti e mi ritrovo completamente bagnato con abbondanti gocce di sudore che mi scorrono sulla schiena e sulla faccia. Quaranta minuti dopo sono sul lato opposto dell’isola e dei babbuini non c’è ancora la minima traccia. Mi sto perdendo d’animo quando dei rumori catturano la mia attenzione. Forse ci siamo. Mi riaddentro cercando di fare meno rumore possibile. Altri rumori, questa volta sopra di me. Non sono i babbuini ma un gruppo di scimmie cappuccine che mi osservano un po’ incuriosite. Le fotografo, sono animali veramente affascinanti. Il loro nome in latino significa mutilato ed effettivamente se si osservano bene si può notare che sono prive di naso, come se fosse stato loro asportato. Il maschio, dalla coda bianca mi si avvicina, mi osserva per un istante e poi mi passa sopra. Dopo pochi secondi ho completamente perso di vista il gruppo.